Nel giorno più vacanziero e spensierato è difficile staccare lo sguardo e i pensieri da Genova, da una tragedia così grave e così avvinta alla quotidianità delle persone: come un attentato, anche se qui al posto della crudeltà umana è incomprensibile la trascuratezza di chi evidentemente non ha fatto tutto il proprio dovere. Ma se è impossibile non essere coinvolti dalla tristezza per la tragedia, un malessere analogo mi arriva da ieri seguendo su facebook – accanto alle notizie e agli aggiornamenti – il fluire sempre più avvilente delle nostre reazioni e dei nostri commenti. Sto leggendo di tutto:
battute fuori luogo, insulti e volgarità, polemiche di bassissimo livello e giudizi affrettati su ciò che solo magistrati e tecnici potranno accertare. Come stessimo parlando al Bar sport di un cambio durante una partita di calcio.
Nulla di nuovo, dirà qualcuno se ha familiarità con ciò che esce su facebook ogni giorno. No: nulla di nuovo, eppure ogni volta si ha l’impressione che tutti insieme si contribuisca ad abbassare l’asticella, ad incrementare l’aggressività e l’ottusità, ad ignorare perfino il rispetto e la pietà che si devono alle vittime di una tragedia.
“Da fastidio a me quando mi chiedono cosa faccio per il ponte di ferragosto pensa se lo chiedono ad un genovese” si legge su un post di chi si crede forse divertente (divertente su una tragedia con almeno una quarantina di morti…???). E se è evidente che il post è infelice, lo è forse di meno chi commenta “questo va impiccato sul ponte” o “dovrebbero rompergli le gambe”?
Altri hanno già sentenziato, magari con tanto di foto e richiesta di arresto, sui colpevoli della tragedia: sentenze diverse ma sempre a senso unico, emanate in base alla propria convinzione politica e contro gli odiati “nemici” che hanno rovinato o stanno rovinando l’Italia. Più ancora dei contenuti sono i toni a sconcertare: è palese che spesso non c’è neppure la voglia di capire e discutere, pur partendo legittimamente dalla convinzione nelle proprie idee. No: conta solo offendere, aggredire, sfogarsi…come una volta vedevo e sentivo allo stadio, quando in tribuna anche personaggi di ruolo e stima importanti se ne uscivano con urla inaspettate e volgari verso un arbitro o un allenatore…
Nulla di nuovo, dirà quindi ancora qualcuno. No: di nuovo c’è che tutto questo sembra ogni giorno moltiplicarsi, contagiare, trasfigurare. Stiamo a preoccuparci della città che cambia volto nella demografia e non ci accorgiamo che Parma sta cambiando volto soprattutto in noi parmigiani, che alla battuta intelligente – che smorza i toni e fa partire un vero confronto – oggi sostituiamo la frase cattiva, spesso senza fondamento.
No: oggi in Italia non ci sono solo i ponti che precipitano, ma ci siamo anche noi (e lo dico anche a me stesso) e la nostra umanità che da sempre è uno dei primi veri sinonimi di parmigianità. C’è davvero bisogno di cantieri e di manutenzione: sui viadotti, ma anche dentro di noi.
Lascia un commento