“Abbiamo iniziato a vendere i biglietti della Riffa annuale, un appuntamento molto importante per il nostro Gruppo, in quanto ci consente di coprire alcune spese dell’attività, ma soprattutto di aiutare un’Associazione di Volontari della nostra provincia come l’Ass. Traumi Onlus Casa Azzurra”. Voglio partire da qui, per una riflessione senza sentenze – ma semmai con qualche domanda di cui sarò lieto di ascoltare eventuali risposte – su una settimana di “calcio”.
La riffa benefica di cui si parla è quella organizzata dai Boys, ovvero gli Ultras della curva nord dello stadio Tardini di Parma. E se non partiamo da qui, cadiamo nel solito errore di vedere gli Ultras del calcio come un fenomeno negativo: che tante volte è vero (ed è di questo che parleremo) ma che tante volte è tutt’altro, almeno nella realtà parmigiana che è quella che conosco meglio, seppur da fuori (ma anch’io ho all’attivo una presenza in Curva Nord: fortunata perchè fu la sera del ritorno in Europa, ache se poi vanificato dalla sciagurata gestione Ghirardi-Leonardi).
I Boys, come ho ricordato più volte, di iniziative benefiche ne hanno firmate tante. La riffa annuale è solo una di quelle e l’ambulanza donata alla Pubblica è forse la più bella di sempre: tanto che la inserii nel collage delle immagini che più mi avevano emozionato in 24 anni di Tv Parma, la sera del mio ultimo telegiornale.
Tutto solo bene, quindi? Ovviamente no. Dagli scontri di Parma-Padova due anni fa andando a ritroso fino ai violenti tafferugli ultras-forze dell’ordine in un Parma-Reggiana, assalti a treni cremonesi ed altri episodi, anche a Parma la storia ultrà ha avuto, anche se soprattutto nei decenni passati, più di una pagina negativa. E il nome stesso della curva, Matteo Bagnaresi, si lega ad un ragazzo con tante indubbie qualità (che i genitori hanno voluto ricordare con le interessanti attività della Casa di Matteo), ma la cui morte è dovuta – oltre alle fatalità del destino sempre in agguato – anche e soprattutto ad un insensato assalto ad un pullman di tifosi juventini.
Insomma, per farla breve neppure a Parma il mondo Ultrà è angelico. Ma sicuramente la nostra città almeno da parecchio tempo è fra le più civili, e come ho detto all’inizio Ultras è anche solidarietà e pensare agli altri.
Ecco perchè quel “Ciao Dede” apparso in uno striscione di ieri per Parma-Roma, e dedicato al tifoso morto pochi giorni fa durante gli incidenti per Inter-Napoli, non sorprende ma non può neppure entusiasmare. Se ben capisco (ma lo dico con il punto interrogativo: è appunto una delle domande che questo articolo si limita a porre, piuttosto che giudicare) è un modo con il quale le varie curve – perfino quelle in “guerra” fra loro – si fermano per un momento e rendono così omaggio a chi, pur con colori e magari idee diverse, ha incarnato come loro la filosofia Ultrà.
Che ci starebbe. A volte è stato perfino condivisibile (come la compattezza delle varie tifoserie di fronte alle incongruenze delle versioni sul tragico episodio Sandri/Spaccarotella). Ma a volte suona stonato: come appunto ieri. Ovviamente tutti noi ci inchiniamo di fronte alla morte e di fronte ad una giovane vita spezzata. Ma non si può poi non vedere che quella tragedia è nata dalla violenza ignorante (o peggio da una violenza pianificata). E non si può non sapere che intorno all’auto del tragico investimento c’erano una roncola e altre armi più o meno improprie. Nè si può dimenticare che nelle curve sono entrate da tempo la violenza politica e la criminalità organizzata (vedi le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella curva della società più potente d’Italia che è la Juve).
Ecco: da sempre ripeto che in fondo gli ultras sono i veri innamorati del calcio. Quelli che si fanno centinaia di km per vedere magari sotto la pioggia la gara che potrebbero comodamente godersi al caldo su Sky. Quelli che proprio contro la mercificazione dei diritti tv hanno combattuto tante battaglie, perchè a loro interessa la maglia e non i milioni di euro. Quelli che si incazzano con noi giornalisti, se quando capita qualcosa li criminalizziamo in blocco e con giudizi superficiali.
Quelli che il calcio lo amano davvero e a volte fin troppo. Al punto che (dico il mio pensiero, ma lo pongo ancora con un punto interrogativo per chi vorrà rispondere) nello stesso giorno in cui si vendono i biglietti di quella bella riffa, si omaggiano come eroi persone che hanno mescolato tifo e violenza, fino a pagare con la propria stessa vita. E ancora mi chiedo: è davvero impossibile separare una vita da Ultras ed una violenza che (come ricorda la foto che ho fatto ieri del cielo sul Tardini solcato da un costosissimo e sproporzionato elicottero) è stupida come tute le violenze e lo è perfino di più se accompagna una partita di calcio?
Dicembre 30, 2018 il 10:09 pm
Le tue considerazioni stanno all’interno di quella “filosofia ultras ” come tu stesso la chiami e quindi mostri di sapere cosa sia oltre che, mi sembra di capire, apprezzarla. Il fatto è che io vorrei che il calcio, in fatto di tifoserie, fosse come il rugby o il volley, dove la filosofia ultras, come sottocultura di un a sorta di ceto separato con proprio sistema di regole, comportamenti, etica, relazioni (una filosofia appunto) semplicemente non esiste. É io penso che sia un bene che non esista. Ovvio che fare beneficenza è bene, ma la beneficenza non cancella eventuali reati che, quando commessi, è difficile non collegare alla famosa filosofia ultras che evidentemente ha molte e contrastanti sfaccettature. Del resto nessuno è solo bene o solo male. Tutto ciò premesso (e forse l’ho fatta fin troppo lunga) è altrettanto ovvio che quando la filosofia non si concretizza in reati e poiché ciascun tifoso è per fortuna libero di praticare solo il buono della famosa filosofia, le responsabilità sono sempre individuali. Anche mio figlio Dario va in curva e anch’io non Avrei difficoltà ad andarci, ma a me i tifosi che anche solo urlano insulti, curva o tribuna, danno fastidio. Se poi commettono reati vorrei semplicemente vederli in galera con l’aggravante dei futili motivi, in modo che ci restino a lungo. E, per concludere, se la filosofia porta a solidarizzare con un delinquente, solo perché è morto mentre delinqueva, è da respingere in blocco anche la filosofia, nonostante gli atti di beneficenza. É una filosofia malata.