Alla ritualità dell’8 marzo, che in parte effettivamente c’è, altri replicano da anni con un copione ancor più scontato e ripetitivo: qui la social-battutina da caserma, là una dissertazione un po’ più intellettuale, qui e là gli ammonimenti contro un futuro da “Grande Sorella”, nel quale il Pensiero Unico Femminista sovvertirà rovinosamente gli equilibri della nostra bella società occidentale. Che è un po’ come quando ci raccontano del “Sessantotto che distrusse la meritocrazia in Italia”: già, quella meritocrazia che baroni, nepotismi e massonerie (tuttora ben presenti anche dalle nostre parti) invece esaltavano…
Per carità: proprio perchè siamo in democrazia va rispettato il pensiero di tutti. Ed è sempre giusto e salutare confrontarsi, anche perchè il rischio di non vedere retorica o esagerazioni è sempre presente per chiunque. Ma se sui “dettagli” o sulle singole questioni anche importanti si può discutere, l’8 marzo di ieri aveva proprio nel suo slogan qualcosa che dovrebbe unire e zittire: “La libertà delle donne libera tutti”. Sì: proprio “tutti”, al maschile e quindi anche (e soprattutto) per noi uomini. Guarda un po’ come a volte le verità possano essere semplici e quasi banali.
Già, perchè come recitava un altro manifesto di ieri “Men of quality / do not fear Equality”. Che è cosa un po’ diversa da certe paure maschili da operetta di quelli che, 50 anni dopo il Sessantotto, ci ripropongono gli stessi schemi: dicono no al Femminismo “perchè snatura la donna e porta all’utero in affitto” (…) e cinque minuti dopo sono in corteo con il Capitano, che per restituire alla Femminilità la dignità perduta si prepara a proporre la riapertura delle case chiuse…
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