Un giornale, una città. Dagli anni della guerra fredda a quella delle contrapposizioni social-web, è inevitabile che in una città un quotidiano non possa mai contenerne appieno tutte le anime. Quante legnate
di carta, dalla Gazzetta alle giunte socialcomuniste degli anni ’50-’70… Quante polemiche per le scelte ardite di Tommasini, le prese di posizione di Baldassi, i piani-neve o il guado di Ponte Italia per l’assessore Bianchi (un galantuomo che del Pci resse anche il bunker di via Pellico da “federale”), per un altro galantuomo come Stefano Lavagetto…
La storia di una città passa inevitabilmente per i suoi giornali. E se il giornale è soprattutto uno (o solo uno, almeno a livello di quotidiani) è evidente che si formi un rapporto di amore-odio, o quantomeno che vi sia un utilizzo generalizzato di servizio ma anche una distanza di idee. E’ così ovunque e fanno un po’ sorridere certi commenti su facebook: certo, vi fu prudenza eccessiva su Parmalat, ma non molto dissimile dalla “prudenza” con cui il principale quotidiano italiano di sinistra ha trattato certe vicissitudini di De Benedetti. Certo, le vendite calano: a Parma come da New York a Crotone… Anzi, forse ancora la Gazzetta tiene botta meglio di altri (ieri alle 18 in Piazza Garibaldi era esaurita), anche se il trend dei quotidiani di carta è inesorabilmente e globalmente in discesa.
Vogliamo parlare dei difetti della Gazzetta? Potremmo ovviamente andare avanti per ore: quante accuse (a volte sbagliate a volte giuste) ho ascoltato partecipando a decine di dibattiti sull’informazione locale? Come se poi un giornale fosse un monolite di idee e sensibilità: io nel 2004 ho lasciato dopo 10 anni la direzione di Tv Parma e non credo che la causa fossero i numeri, visto che il tg risultava in proporzione il più visto della regione… 🙂
Il problema è che alla “faziosità” della Gazzetta ha sempre corrisposto una speculare, e a volte più marcata, “faziosità” di certi suoi lettori. Che se facessero un giornale, lo si capisce dai loro ragionamenti, lo farebbero certamente molto più fazioso di quello che criticano: e se prima a fazioso ho messo le virgolette è perchè nessun giornale può non esserlo, visto che comunque chi lo dirige o lo finanzia avrà le “sue” idee.
Ma almeno fino al 15 marzo, vorrei che i parmigiani capissero una cosa, visitando la mostra di Palazzo Pigorini. Che la Gazzetta non è solo un editoriale che piace o no, o una notizia data con più o meno risalto. Su questo è giusto discutere e criticare, per carità.
Ma chi non ha ancora capito che la Gazzetta è anche un formidabile contenitore di Cultura ben oltre i nostri confini (non solo per i Bertolucci o i Guareschi o i Corradi, ma anche per i Pasolini o i Luzi…), allora non si rende conto che almeno per tanta sua parte la Gazzetta davvero “è” Parma. O, se preferite, è davvero la Gazzetta “di” Parma. Una realtà che ci può dividere in certi suoi aspetti, ma che dovrebbe anche inorgoglirci. Ed essere studiata, perchè in quella pagine, come davvero potrete vedere in mostra, c’è tanta Cultura e ci sono (senza che questo impedisca le critiche o le divergenze quotidiane) tanti esempi su cui fondare una vera e proficua Parmigianità terzo millennio.
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