La strage è in quel numero. Quel 500 tondo tondo che nel venerdì santo aggiorna (in attesa purtroppo di essere aggiornato a sua volta nel pomeriggio) il bilancio tragico e tremendo del coronavirus a Parma.
I numeri, lo abbiamo ripetuto quasi ogni giorno, non danno conto dei volti, del dolore e degli affetti perduti. Tanto più in circostanze che, ormai lo abbiamo capito tutti, sono stati di morte abbandonata: non per disumanità ma per impossibilità di chi doveva contemporaneamente intervenire su varie emergenze. E se è giusto conoscere e capire, oggi è squallido il copione delle opposte interpellanze di aridi politici che vedono solo ciò che è avvenuto là dove governano gli avversari.
Questa volta il numero dovrebbe portarci tutti al di là e al di sopra delle polemiche. Quei 500 morti dovrebbero far capire a tutti di che cosa stiamo davvero parlando. Altro che la seconda casa o la grigliata in terrazzo o i due calci al pallone col figlio o la corsetta: certo, pesa a tutti e sempre di più questa reclusione, questa lontananza forzata dagli affetti e dagli amici, o persino da qualche sana litigata sulla politica o sullo sport o su altro ancora… Ma non possiamo non avere ancora capito che cosa rischiamo per noi e per gli altri.
Quel 500 ha preso tristemente il posto di un’altra e ben diversa cifra tonda: il 2020 di cui avevamo adornato Parma proprio pensandola soprattutto in primavera, che della città è la stagione più bella. E’ invece la primavera più buia e cupa che potessimo vivere (non dico neppure immaginare, se penso che alcuni mesi fa ricordavamo i 40 anni della tragedia del Cattani ed ora contiamo le vittime di 20 e più Cattani).
E se anche i numeri ci parlano, se anche non possiamo scorgere tutti i volti e le storie di questa via Crucis parmigiana (ed insieme globale), credo che la cosa peggiore di questo incubo sarebbe se non ne uscissimo profondamente cambiati. Mentre invece vedo anche oggi sui social la stessa arida e facilona voglia di dividersi per tifoserie su uno slogan o su una “verità” da facebook, anzichè la voglia di interrogarsi e di capire su quali basi potremo ripartire da questa via crucis. Che non sarà solo una questione di mascherina.
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