Vorrei saper trovare parole per raggiungere, pur nella piccolissima comunità dei miei blog, amici di destra e di sinistra, partite iva e dipendenti o pensionati (ho scoperto che pensionato è privilegiato: nè io nè altri se ne accorgevano quando contavo la pensione dei miei e li paragonavo al costo di una badante…). Ma oggi mi interessa solo
scrivere fuori dal bianco o nero delle polemiche ora ancor più sterili, e vorrei ammantare questo articolo del tricolore che tanti hanno caparbiamente lasciato a sventolare dalle finestre in tutti questi mesi. Sembrano tricolori stanchi, come gli slogan dei balconi che pure ci avevano unito nel momento del primo incubo: oggi sembrano aver lasciato il posto alla rabbia, e perfino alle violenze di piazza come abbiamo visto.
Siamo sinceri. La pandemia ha mostrato tutti i limiti della nostra classe politica. Di chi governa (inammissibili i ritardi sul trasporto pubblico sopravanzati da un surreale bonus monopattino che ha generato solo casino e rischi stradali), ma anche dell’opposizione (che il ritorno del virus l’ha negato per mesi con messaggi sbagliati e dannosi). Ma, soprattutto, ha mostrato i limiti nostri.
Certo: difficoltà oggettive e importanti ci sono per tanti. Ma ci siamo mostrati capaci più di lamentarci che di sopportare, più di protestare che di proporre. Invochiamo lo Stato dimenticando che il primo pezzo di Stato siamo noi: come dicevo, se i nostri nonni e padri avessero reagito allo stesso modo ad un evento ben più lacerante del coronavirus (cioè la guerra), il boom economico italiano degli anni ’50-’60 lo staremmo ancora aspettando. E invece quegli Italiani (I maiuscola) si rimboccarono le maniche, parlarono poco e fecero tanto.
Ne abbiamo esempi stupendi anche dalle nostre parti: i ristoratori Cantarelli, le sorelle Fontana regine della moda, i giornalisti che inventarono la Gazzetta esempio per tutti i giornali di provincia, e quelli che da Parma arrivarono ai vertici della professione come Egisto Corradi che era passato dal gelido orrore della Campagna di Russia: altro che pochi mesi di virus…!
Ecco: persone di cui neppure saprei dirvi se fossero di destra o di sinistra o che cosa. Persone semplicemente da ammirare e da prendere a esempio, come va presa ad esempio l’Italia che, pur fra le sanguinose e velenose code del dopoguerra e dei regolamenti di conti, seppe essere unita e solidale. Esattamente ciò che abbiamo dimenticato, e che ora ci si ritorce contro.
Ma siamo ancora in tempo a cambiare, e ad essere di nuovo e davvero Italiani. Non più prima “gli” italiani (minuscolo), ma prima Italiani (maiuscolo) tutti noi: con poche parole e molto lavoro, pochi egoismi e aiutandoci a vicenda. Perchè, nonostante in molti sia già riaffiorata l’allergia alla retorica e ai “buonismi”, lo slogan di marzo resta ancora valida e andrebbe di nuovo affisso a tutti i balconi. Semmai, con un avverbio da aggiungere all’inizio, perchè #SOLOINSIEMECELAFAREMO!
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