B. Basta la parola: anzi, basta una lettera. Non ci fosse neppure la foto, a quale personaggio italiano penseremmo, davanti a un titolo di libro che si limita alla B…? E già qui
c’è il primo spunto di riflessione sul “fenomeno” (ognuno legga il termine nell’accezione che più gli aggrada) che ha caratterizzato ormai un trentennio di vita italiana, dal famoso 26 gennaio 1994 dell’uomo nuovo alla scrivania, de “L’Italia è il Paese che amo”, della trasmissione integrale della videocassetta nel Tg4 di Fede (di nome e di fatto, se fede berlusconiana).
L’uomo “nuovo” è in qualche modo ancora qui. “Berlusconi torna a Roma: il capo sono ancora io” titola proprio oggi Repubblica… Anche se nuovo nuovo non era neppure allora; ma di sicuro era imprenditore di successo: come costruttore (pur con le chiacchiere che già giravano sull’origine delle sue disponibilità finanziarie), come capo di televisioni, come visionario e vincente presidente di calcio.
Vittorio Testa ha un percorso giornalistico che parla da sè e che ora si arricchisce di un libro particolare. Bussetano, come Carlo Bergonzi (il tenore concittadino al quale ha dedicato un altro interessante libro) ha conquistato fama anche altrove, conquistando incarichi prestigiosi in testate importantissime fra cui Giorno, Repubblica, Tg5. E fu proprio Repubblica, a un certo punto, a metterlo in marcatura “a uomo” l’avversario numero uno del quotidiano di Scalfari e De Benedetti: Silvio Berlusconi.
Testa, per quel poco che lo conosco, è persona mite, educata. E per taluni, come lui stesso nel libro ricorda, apparve troppo “colomba” per i gusti di certi “falchi”, che Berlusconi lo avrebbero voluto ghermire, ma senza prima averlo studiato e capito. Ecco: il libro di Testa (edito da Diabasis) potrà forse – allo stesso modo – apparire un po’ zuccheroso, rispetto a colui che tanti considerano Genio del Male (e se devono togliere una delle due parole toglierebbero certamente Genio). Ma come spesso dico, soprattutto in questa epoca social, la prima operazione è quella di capire, e basterebbe sfogliare tanti giornali di quel gennaio 1994 per ricordare lo scetticismo e le ironie con cui la “discesa in campo” del cavaliere di Arcore furono bollate, per poi vedere Berlusconi trionfare alle elezioni sulla “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto e delle sinistre.
Allora questo libro di Vittorio Testa, peraltro scritto in punta di penna come è nelle sue corde di bravo giornalista, offre davvero “tasselli preziosi di un mosaico della lunghissima e in apparenza eterna vicenda umana, politica e imprenditoriale di Silvio Berlusconi”. Sono parole di Ferruccio De Bortoli, che firma la prefazione e che lealmente ammette di essere fra i tanti che si erano sbagliati sulla fattibilità e sulle prospettive di quella discesa in campo.
Se capiamo questo, capiamo anche che leggere il libro di Testa può far capire oggi tante delle cose che gli avversari di Berlusconi spesso non hanno capito allora. Il che, ovviamente, non significa dover mutare il giudizio sul personaggio, sulla sua morale e sull’influsso avuto su questi decenni italiani (influsso secondo me nefasto, anche per la sottocultura diffusa da troppi prpogrammi delle sue televisioni). Ma ci consente di capire che il berlusconismo ha funzionato e tuttora funziona perchè quell’uomo – oltre alle sue indubbie qualità – è stato geniale anche nell’incarnare, di noi italiani, i tanti difetti…
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