E’ un sole senza allegria. Un tepore che scalda i tg, che lo raccontano come un dono per chi ancora può fare il bagno in mare mentre quasi nascondono l’effetto disastroso sul livello di fiumi, laghi, e sui nuovi rischi per agricoltura, dighe…
Ci specchiamo un po’ tutti in questo autunno anomalo, che ha qualcosa di malato. E che si aggiunge alla cappa che conosciamo ormai da mesi, fatta di guerra, crisi energetica e pandemia (almeno quest’ultima speriamo in fase calante anche se i numeri sono ancora alti).
Un po’ per dovere (avendo a che fare ogni anno con circa 140 studenti di Giornalismo) e soprattutto per natura, quando qualcosa intorno va storto la reazione è quella di provare ancor più a studiare e fare. E il caso ha finito per rendere anomalo anche il mio personale autunno, con tre libri in tre mesi. Che detto così sembra insieme ridicolo e anche un po’ patetico (questi pensionati…!).
In realtà c’è dietro un lavoro di circa due anni, che per due dei libri è in realtà un lavoro di semplice accompagnamento a splendide foto di Giovanni Ferraguti che parlano già da sole (in novembre vedrete un libro splendido su Parma edito dalla Ticinum con Guido Conti ed Elisabetta Balduzzi; in dicembre un emozionante racconto per immagini sui crociati del calcio con la Kriss di Alessandro Freschi). E prima c’è stata la ricerca sul film La Rabbia di Pasolini e Guareschi edito dall’Athenaeum di Massimo Soncini.
Tre libri in tre mesi appaiono oggettivamente, a me per primo, come un raccolto un po’ bulimico. Anche se va precisato, prima che qualche goffo pagellista social vaneggi di un terzo stipendio dopo aver battezzato come secondo gli…1-1,70 euro al giorno dell’Università, che i libri non portano soldi agli autori, almeno nei nostri casi locali. E quando sono arrivati sono sempre stati dirottati a cause migliori.
Quindi, ammesso che qualcuno se ne chieda il motivo, mi premeva spiegare. Guardate allora questi libri – se vi interesseranno – solo come un omaggio da studente attempato a una città nella quale c’è ancora tanto da studiare e raccontare. Il mio omaggio anche a un fotografo come Giovanni, che prima stimavo come professionista ed ora ho imparato a conoscere come sognatore amico. Studiare, del resto, è anche ciò che cercherò di trasmettere ai miei studenti finchè la testa regge, pensando – come Guccini in Eskimo – “e poi saran le ultime oramai”…
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