Che senso ha parlare oggi di Ungheria 1956? Eppure c’è anche questo tema nel film di Nanni Moretti da oggi nelle sale: “Il sol dell’avvenire”. Ma ancor prima di
scoprire la lettura di Moretti (e di gustarsi il suo ritorno sullo schermo), l’ispirazione ungherese ci porta anche al film di cui in queste settimane continuo a parlare, a 60 anni esatti dalla sua uscita: La Rabbia.
Innanzitutto, una infarinatura per i più giovani, abituandoli anche a usare il web, pur con le pinze, per cercare fonti che approfondiscano ciò che non conoscono: in questo caso può bastare anche Wikipedia per ricordarci o raccontarci che nel 1956 in Ungheria ci fu una insurrezione di popolo e intellettuali che l’Unione sovietica fermò con la repressione e con i carri armati, che invasero Budapest (qui Wikipedia per saperne di più).
Proprio con i “Neri giorni d’Ungheria” iniziava l’analisi di Pier Paolo Pasolini della realtà del mondo nel film La Rabbia. Pasolini condannava la repressione antilibertaria, anche se alla fine del suo film finiva forse per eccedere – ingenuamente – nell’attribuirne la colpa ai postumi dello stalinismo e riponendo intatta fiducia nel modello sovietico che nel frattempo stava imponendosi sugli Usa nella corsa allo spazio, che il regista bolognese vide quasi come isola di fratellanza capace, appunto sotto la guida del comunismo sovietico, di far cessare le contese fra i popoli e di ristabilire l’equità fra le varie classi. Stalin era però morto ormai da tre anni, e quando alla parte di Pasolini si unì quella di Giovannino Guareschi, ebbe gioco facile nel liquidare questo aspetto con una battuta: “I sovietici danno le colpe di tutto a Stalin, ma i carri armati sono di Kruscev!” (ovvero del suo successore alla guida dell’URSS).
Al di là della Rabbia, che comunque è anche in questo attualissima, la reazione sui fatti di Ungheria produsse un solco fra Partito socialista, che condannò chiaramente l’invasione antilibertaria, e il Partito comunista che invece si mostrò ancora troppo legato a Mosca. Quel solco, pur nel mutare delle vicende e dei protagonisti, si è poi trascinato fino ai tempi di Craxi e Berlinguer, e di fatto da quel 1956 a sinistra non si è più riusciti ad avere un’alleanza efficace. Vista l’attualità, rileggere da Pasolini e (nel modo che da oggi vedremo) Moretti, può essere interessante non solo culturalmente ma anche per chi oggi fa politica a sinistra.
LA RABBIA e l’attualità di PASOLINI e GUARESCHI: leggi qui
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