Non so se sia impossibile non litigarci, ma di certo è anche impossibile non essergli amico e non ammirare il suo percorso. Roberto Ghiretti, professione
manager di sport e di pallavolo in particolare, quel percorso se l’è spesso inventato, prima ancora di incamminarsi.
La presentazione del suo libro-confessione (Io lo conoscevo bene, scritto insieme a Leo Turrini per Kriss editore) è significativamente avvenuta nel teatro di San Benedetto, luogo fondamentale per Ghiretti e nel quale anch’io – ormai quasi mezzo secolo fa – l’ho conosciuto in veste di allenatore di volley femminile giovanile. Un bonaccione: di quelli che fin troppo miti appaiono per essere presi sul serio già dalle stesse adolescenti che mandava il campo, ma che invece guardava lontano e stava crescendo con personalità.
Un Ghiro che vola, come ho titolato questo articolo, perché da un certo punto in avanti Roberto Ghiretti ha dimostrato di saper volare davvero, e di saper spesso anticipare fenomeni che nel mondo dello sport avrebbero preso corpo solo in seguito. Così, c’è da credergli se dice che dopo l’incontro fondamentale con Renzo Del Chicca e altri protagonisti della pallavolo parmigiana (ad esempio Aristo Isola), la sua mira non era rivolta a una panchina ma dietro una scrivania. E di scrivanie, importanti e prestigiose, Roberto Ghiretti ne ha occupate tante: e, bisogna dargliene atto, mai dando l’impressione di una mera ricerca di potere, bensì per inseguire i suoi sogni, che per come lo conosco sono davvero nati in quell’oratorio di San Benedetto. “Umile ambizione” per dirla con un ossimoro che lo fotografa, così come se ne incontrano spesso nel gustosissimo libro scritto insieme a Leo Turrini, che per la seconda volta in poche settimane è venuto a Parma a mostrare tutte le sue doti di giornalista, insieme all’amico Michele Brambilla col quale aveva dato alle stampe un altrettanto gustoso (pensate che cosa tocca dire a uno nato nel mito di Rivera…!) sulla storia dell’Inter.
Tre flash ancora sul “Ghiro”. 1) C’è stata anche una parentesi politica, che Ghiretti ha portato avanti in coerenza con lo spirito del suo lavoro da manager. 2) A volte, proprio nelle vesti di politico, l’ho criticato: con affetto e stima, ma proprio per questo l’ho criticato (e infastidito, come avviene a tutti noi permalosi) quando mi sembrava che fosse un po’ meno Ghiretti. 3) Ma proprio per non avergli risparmiato le critiche quando mi sembravano giuste, mi sento ancor più sincero se dico che questa è una bella storia di sport e managerialità di uno che si è fatto da solo, arrivando da San Benedetto a Berlusconi (che santo non era certo, ma che scelse lui quando decise di fondare una polisportiva allargata dal calcio a volley, rugby ecc.), e dalla panchina del Budokwaj dei tornei giovanili alla stima dei vertici della federazione mondiale di pallavolo. Un pramzàn del quartiere Saffi con vista sul mondo. Da studiare come esempio di vera professionalità con un pizzico di sana e lodevole utopia.
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