Non avrebbe mai voluto piacere a tutti, e a tutti non piaceva. Ma voleva che anche i suoi avversari, pur non condividendone le idee, riconoscessero in lui lo spessore del giornalista di razza. Ecco perché

il libro “Come un vascello pirata”, curato da Luigi Mascheroni ma imperniato proprio sui testi di Montanelli, è una delle più importanti lezioni di giornalismo che si possano indicare a un giovane.

Ma come?, dirà qualcuno: studiare un uomo di inizio ‘900 che ha vissuto la sua carriera in un’epoca e con tecnologie ormai scomparse? Proprio così: al di là degli strumenti (la sua inseparabile macchina da scrivere Olivetti Lettera 22) e a prescindere da episodi che sono semmai importanti per giudicare l’abbruttimento di un’epoca (come la “sposa” 12enne durante la campagna d’Africa), il giornalista Montanelli è tuttora un esempio fondamentale per chi voglia provarsi – con i propri scritti – ad incidere anche solo minimamente sulla collettività nella quale vive e alla quale si rivolge.

Per Montanelli, il riferimento fu soprattutto la maggioranza silenziosa, benpensante e conservatrice che aveva in Milano la propria capitale e che da lì si irradiava o contrapponeva alla restante mentalità italiana.

La prima lezione montanelliana è che spesso pagò per le proprie idee: rischiò addirittura la vita (fu “gambizzato” dalle Brigate rosse in un vile attentato), se ne andò dal Corriere della sera del quale era la firma principale (quando la linea editoriale del Corriere gli sembrò spostarsi troppo a sinistra) e – forse non meno dolorosamente che per le pallottole brigatiste – dovette rinunciare a quel Giornale che era stata la sua creatura quando poi se ne era andato dal Corriere. Non fu avventura facile, dal punto di vista economico, ma quando il suo editore-benefattore Berlusconi si buttò in politica e gli chiese di schierare il giornale al suo fianco, Indro non ebbe esitazioni e se ne andò anche dal suo Giornale per andare a fondare La Voce, singolarissimo esempio che univa innovazione grafica, tradizione giornalistica e schiena diritta.

Scorrendo le pagine del libro ideato da Mascheroni, si possono certamente e facilmente rilevare tracce di narcisismo (che per un giornalista è forse parte del dna ma che va ovviamente e accuratamente nascosto), e perfino qualche semplificazione di troppo, nelle analisi politiche e non. A volte si ha la sensazione che la ricerca di una bella frase ad effetto appaghi l’autore Montanelli più della fondatezza oggettiva dell’analisi; però è ancor oggi insuperata la sua capacità di esprimere chiaramente – e con stile al tempo stesso – giudizi che il lettore non dovrà faticare ad interpretare e “tradurre”, come invece spesso accade a un giornalismo più involuto ed oscuro.

Ci sono due righe che valgono un intero manuale di sociologia, sul nostro Paese, e che suonano ancora attualissime: “In questo Paese, la caccia alle streghe si può fare, ma solo per breve termine. Poi, tutti si mettono a parteggiare per le streghe”… Ecco: sulle idee di Montanelli pensatela liberamente come vi pare, ma se volete essere bravi giornalisti, leggete questo libro e andate a lezione di sintesi (i fulminanti corsivi Controcorrente) e di chiarezza.

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