No, non è più il verde-speranza del “grande prato verde” che si cantava negli anni ’60. Ma non siamo qui per stucchevoli nostalgie: anzi, va subito aggiunto che
quattro incontri in alcune scuole superiori di Parma restituiscono sempre un’immagine di limpida bellezza, quando ci si misura con speranze e sogni di ragazze e ragazzi.
“Amor mio”, titolo di un reading musicale che già da cinque anni coinvolge e spesso commuove in città e in provincia, è diventato quest’anno qualcosa di più. L’associazione ZonaFranca Parma, da sempre orientata con il suo teatro nell’impegno sociale e da sempre sensibile ai temi del femminile, questa volta ha fatto precedere il momento teatrale da alcuni incontri con gli studenti, nel calendario legato alla Giornata contro la violenza sulle donne. E ne è uscita un’esperienza ancor più forte ed intensa, perché ragazze e ragazzi sono arrivati al reading dopo un percorso di dialogo, incontri e riflessioni, guidato in particolare dalla psicologa Serena Rigoni e dall’attrice Giulia Canali, entrambe di ZonaFranca Parma, con la collaborazione di Maschi che si immischiano.
Una formula interessante proprio perché ha accostato queste scuole al linguaggio del teatro e della musica (sul palco, insieme a Giulia Canali c’era Beatrice Carra, con le musiche di Patrizia Mattioli e i giochi di luce di Erika Borella). Ma lo ha fatto attraverso una preparazione che è riuscita a cogliere momenti importanti di sincerità, dubbi, a volte anche con le paure che a questa età – pur bellissima – spesso si vivono.
Ma perché quel verde “scuro”, se dubbi e paure sono gli stessi di ogni generazione di giovani? Ecco: forse stavolta qualcosa di più e di diverso c’è. E se da una parte occorre pensare, e far pensare, positivamente, dall’altra è giusto sottolineare qualche segnale, a volte espresso con sincerità e a volte intuito dietro sguardi e silenzi. Ci sono sicuramente zone, non trascurabili, di bullismo, di storie tossiche e di “leggi” non scritte che condizionano la vita di gruppi e classi.
E forse, soprattutto, c’è un problema vecchio e nuovo allo stesso tempo: la diseducazione sessuale. Manca una educazione che non si intende certo (o non solo) come educazione “tecnica”, bensì soprattutto come educazione affettiva, di rispetto. Lacune e incertezze sono sicuramente anche tra le ragazze, ma sono soprattutto i ragazzi a tradire un’approssimazione che poi si cerca di “compensare” con atteggiamenti strafottenti o addirittura con piccole e grandi violenze.
C’ è molta strada da fare, come del resto è emerso anche in altri convegni di queste settimane con associazioni, sindacati, e soprattutto con chi vive in prima linea le situazioni che da questa diseducazione nascono: il Centro antiviolenza ma anche le strutture dell’ASL che lavorano proprio sull’educazione (vedi lo Spazio Giovani dell’ASL e altri rami della sanità). E’ tempo che ce ne occupiamo, anche perché per farlo ci tocca metterci davanti a uno specchio che troppo spesso schiviamo, senza riflettere su quanto aggressivi e aridi siano anzitutto i nostri esempi ai nostri ragazzi.
Ma le reazioni alle sollecitazioni degli incontri, e anche i commenti a caldo dopo lo spettacolo al Teatro Europa, ci dicono che c’è anche più consapevolezza del problema (soprattutto fra le ragazze) e c’è più voglia di cambiare le cose in fretta. Proprio in queste ore, è stato ricordato l’anniversario del gesto di Rosa Parks, la donna di colore che per la prima volta si rifiutò di cedere il posto sul bus a un bianco. Una donna che ha cambiato un pezzo di storia e di mondo: qui tocca a noi, uomini e donne giovani e adulti, restituire a quel grande prato che sono i giovani un verde che abbia davvero la tonalità della speranza e dell’amore vero. Che è “Amor mio” solo se quel mio implica cura (come ha cantato splendidamente Battiato) e condivisione, e non sopraffazione che – come sempre in queste ore ci ricordano il processo a Filippo Turetta o quello parmigiano appena concluso all’imprenditore Pesci o tanti altri episodi con autori di diverse nazionalità e classi sociali – porta solo rovina nella vita delle donne e in secondo luogo degli stessi uomini. Lavoriamoci davvero tutti e tutte insieme!
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