C’era un grande prato verde… Anzi: c’era un mare di prati verdi, ed erano semmai le case a doversi fare strada fra i prati, con i primi esempi di quella edilizia popolare con cui la Democrazia cristiana colse un modo in più per rassicurare gli italiani e per attirarli sotto le proprie ali (in quel caso soprattutto le ali di Fanfani ). Su quei prati crescevano
sogni, e questa è la prima e più grande differenza che si percepisce, inoltrandosi nel nuovo viaggio di carta di Antonio Mascolo, che dopo avere ispezionato metro per metro, e cuore per cuore, il suo Oltretorrente di oggi si è avventurato in nuovo emozionante viaggio ravvicinato, nei Prati Bocchi di ieri.
Un quartiere povero senza esserlo, perché ogni mancanza di beni era largamente superata dalle ore trascorse a sognare e dalla “convinzione del futuro diverso”. Che però, a sua volta, nasceva da un altro fondamentale bene che oggi scarseggia (forse non per caso) quanto la speranza: il rispetto delle regole fondamentali. Che non significava, sia chiaro, che quei bambini di allora non sconfinassero spesso come tanti chapliniani monelli (che si trattasse di rubare albicocche o di far risuonare il campanellino del chierichetto assolutamente fuori tempo durante la funzione in Santa Maria della Pace, fino a costringere il celebrante don Giovanni Dall’Asta ad intervenire platealmente davanti ai fedeli per far cessare quello strazio birichino).
No: quella di Antonio Mascolo non è la storia di bambini “bravi” e compìti. Ma è la storia del confine, che anche oggi sarebbe prezioso a chi sta crescendo nella Parma 2024, tracciato dalle poche parole di un padre, poliziotto, prodigo di espansivi silenzi e di esaurienti sintesi: “Riga dritto!”. Negli spazi di quegli ossimori, e soprattutto di quelle due parole, Antonio e la generazione dei Prati Bocchi sono cresciuti imparando la grammatica della vita e costruendo da sé (questa la libertà più preziosa!) lo spazio nel quale si poteva creare il proprio futuro anche debordando, anche collezionando lividi per incidenti o per botte, ma sempre senza superare quel “Riga dritto!” che non suonava come imposizione autoritaria, bensì come una casalinga e forse inconsapevole ma efficacissima versione della filosofia Kantiana.
Poi, accanto a queste tracce di Kant, arrivò la nuova filosofia del mondo in quegli straordinari anni Sessanta. Fra Pasolini e De Andrè, fra Vietnam e Teologia della Liberazione, la chiesa dei Prati Bocchi divenne spazio di riflessione e di domande anche politiche. Divenne momento di sperimentazione a livello nazionale, con la “Messa beat” che vide in chiesa i famosissimi Corvi. Sì: quelli del mitico Ragazzo di strada, ma anche quelli di insospettabili e suggestive atmosfere mistiche: Si prega sempre quando è tardi, Quando quell’uomo ritornerà…
Finché, la città benpensante (in fondo non diversissima da quella che in questi mesi di guerra si è impuntata nel togliere dalla facciata di una chiesa una bandiera che provava a invocare “Pace”…) iniziò ad accorgersi ed allarmarsi di quei movimenti di giovani che pensavano. E allora nel Sessantotto arrivò l’allontanamento del loro parroco innovatore don Pino Setti (mandato in montagna) a cui seguì la quasi incredibile replica di quei ragazzi: l’occupazione – simbolica ma sufficiente a scandalizzare perfino il Papa – della Cattedrale. Se ci sono nella storia fatti che identifichiamo come la fine dell’innocenza (da lì a un anno sarebbe esplosa la bomba di Piazza Fontana), quella imprevedibile e irriverente “Cattedrale occupata” fu invece una proclamazione di innocenza e libertà di quel quartiere e di quei giovani parmigiani, ovviamente arrivati poi anche da altri quartieri. Fu l’inizio di una strada che avrebbe portato poi i suoi interpreti verso la politica, il teatro, lo sport, la società in genere.
Uno di loro, il figlio del poliziotto Vincenzo e di mamma Maddalena Elena Lenuccia, scelse invece la strada del giornalismo: ma solo dopo avere messo alla prova gli occhi – altra lezione attualissima – in sere e notti di lettura (“Studia, studia, che avrai problemi…!”). E, per nostra fortuna, continua tuttora a battere nuove strade da cronista: nell’esaudire finalmente la dolce richiesta materna (“Mi raccomando, scrivimi una cartolina”), quella cartolina l’ha spedita oggi anche a tutti noi, dai Prati Bocchi di quegli anni. L’ha spedita a una Parma che a prima vista sembrerebbe più complicata, più confusa, più smarrita… ma che forse ha solo bisogno di qualcuno che – con nuovi ossimori – ne incoraggi libertà, creatività e perfino ribellione, purché, oggi come allora, rigando dritto.
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