E pensare che scherzando volevo intitolarlo “il manifesto della razza parmigiana”, proprio per far riflettere chi giudica le persone in base al passaporto o al colore di pelle. Meno male che

non l’ho fatto, visto che qualcuno ha pensato che davvero volessi lanciare una sorta di suprematismo pramzàn o che anche solo volessi accodarmi ai nostri miti più buffi, tipo la “piccola Parigi”…

No: è esattamente il contrario. Sono partito da una questione seria e oggettiva, ovvero la città che per secoli e decenni ha avuto una comunità omogenea, anche se la storia ci ricorda le mescolanze dovute a invasioni, guerre e diplomazia, si sta ora rapidamente trasformando in una città multietnica. Laddove, almeno personalmente, ciò che più fa riflettere non dovrebbe essere l’aggettivo (multietnica) ma l’avverbio (rapidamente).

Comunque la si pensi, infatti, è evidente che Parma e le nostre città avranno un futuro felice se sapranno fondere in modo pacifico e positivo le radici da cui stanno sorgendo le comunità del terzo millennio. E poiché sono tanti i parmigiani che sui social esprimono dubbi o peggio su questa convivenza, mi sono chiesto che cosa davvero noi intendiamo quando parliamo di una “parmigianità” messa a rischio dai tanti nuovi arrivi, genericamente individuati come invasori barbari, quando invece è evidente che se a Parma ci sono decine o anche centinaia di stranieri che commettono reati questo significa che decine di migliaia si comportano invece correttamente. Proprio come accade per noi autoctoni: ci sono i buoni e ci sono i cattivi (banale, vero?).

Ma restiamo a quella preoccupazione. Se Parma è sempre rimasta nella parte alta o medio-alta delle classifiche sulla qualità della vita, se è sempre fra i luoghi più visitati e più indicati come possibile residenza da chi abita altrove, se attira ogni anno centinaia e centinaia di studenti fuori sede, significa che nei decenni si è stratificata una cultura del vivere che ha prodotto buoni frutti. E che è quindi è giusto proporre a chi arriva, senza con questo pensare di farlo da una cattedra o di non avere a nostra volta qualcosa da imparare da altre culture.

Ecco perché ho chiesto ai parmigiani che commenteranno questo articolo, sul sito o sui social, di spiegvare meglio che cosa intendono loro per parmigianità positiva. Che non può essere, come anticipavo nell’articolo di ieri, solo postare una foto dei pur ottimi anolini galleggianti natalizi né scrivere frasi in dialetto, per di più spesso sbagliate.

Allora quale potrebbe essere il “manifesto” o il “decalogo” della parmigianità da proporre – magari anche con qualche pubblicazione scritta multilingue – a chi arriva? E nel caso qualcuno avesse dei dubbi, ripeto che parlo di valori parmigiani ma universali: quelli che non rinchiudono ma si confrontano; quelli che non alzano muri ma favoriscono i ponti.

Allora, in attesa dei vostri suggerimenti io parto dai 10 punti che indicherei io. Il primo cerco di praticarlo ogni mattina: è il buongiorno col sorriso 🙂. Banalissimo anche questo, vero? Ecco: io credo che se vogliamo ri-costruire comunità armoniose dobbiamo proprio ripartire dalle cose elementari, tanto banali quanto concrete e importanti.

Da ormai 17 anni, prima per lavoro in Gazzetta ed ora sui social, quasi ogni giorno la mia prima azione è fotografare il cielo, perché è guardando fuori dalla finestra che credo si viva la prima meraviglia della giornata. Innanzitutto perché si è ancora lì (neppure questo è scontato); poi perché lo spettacolo e i colori dell’alba mi affascinano da sempre; poi perché l’inizio della giornata è soprattutto l’invito a pensare a fare qualcosa di utile, possibilmente non solo per sè.

Attenzione: questo non significa che non ci possano essere problemi, anche importanti. Il cielo che forse mi è più caro l’ho fotografato da una stanza d’ospedale di Brescia, dopo un ricovero e un intervento importanti. Giorni brutti, ma me ne tengo stretto il ricordo proprio per gustare invece ogni risveglio “normale”. sapendo che invece in quello stesso momento sono altri che il cielo lo vedono come lo vedevo io a Brescia. E sapendo che un giorno, inevitabilmente, potrà capitarmi di nuovo.

Ne ho parlato anche recentemente nelle scuole: quando leggo di droga, violenze, rapporti tossici, credo che alla base ci sia l’ignoranza della preziosità della vita, che è una sola e che ognuno di noi si può rovinare irrimediabilmente (i nostri pensieri sono stati giustamente tutti per Giulia Cecchettin, ma a volte penso anche a come poteva essere diversa e bella, anche senza Giulia, per quel Filippo che invece si è scavato un destino in carcere). Ecco: dovremmo ripartire dall’inizio della giornata: credo che la prima parmigianità (universale) dovrebbe essere proprio in quello sguardo fuori dalla finestra. Un primo assaggio di Bellezza (perfino quando piove o c’è nebbia) che dovrebbe trasformarsi in voglia di fare per sé e per la collettività. Una voglia condita da un altro ingrediente parmigiano di cui riparleremo: il sorriso.

Buongiorno Parma ! 💛💙🌎🌈🙂

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