Siamo finiti a parlarne quasi solo per capire se davvero ci fosse Ancelotti o no… Ma quella del 16 marzo 1975 non fu una semplice partita di calcio, anche se oggi fra web e smartphone le sue immagini farebbero il giro d’Italia e forse anche del mondo. Già: Parma ospitò
esattamente mezzo secolo fa un momento che racchiudeva, anche nelle pieghe di un rapporto di amicizia intenso e non privo di spigoli, una fetta importante della storia del Cinema italiano e della Cultura del nostro Paese.
Non esagero. La partita di cui sto parlando, e di cui tanto si è scritto e detto in questi ultimi due anni, è quella che in una mattina di fine inverno volle favorire il disgelo fra Pier Paolo Pasolini e Bernardo Bertolucci, amici da una vita ma divisi dal giudizio non positivo di Pasolini sul film di Bertolucci Ultimo tango a Parigi. In quella primavera, i due registi erano entrambi impegnati sul set, e in quei giorni le due troupes lavoravano a poche decine di chilometri di distanza: Pasolini con Salò o le 120 giornate di Sodoma; Bertolucci con Novecento. Fu l’attrice Laura Betti, grande amica di Pasolini e impegnata nel cast del film di Bertolucci, a progettare un incontro riconciliatore nel segno del calcio, grande passione pasoliniana (“E’ l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”, aveva sostenuto con una frase che quanto meno tradiva il suo amore per il pallone, che anche in quel giorno lo convinse a scendere in campo con la maglia rossoblù dell’amato Bologna contro le divise “caleidoscopiche” della squadra di Bertolucci.
La partita, come molti già sanno, finì con la vittoria di Novecento ma anche con le rimostranze dei pasoliniani per l’utilizzo, da parte dei bertolucciani, di un paio di innesti dalle squadre giovanili del Parma (e non riapro qui la già citata e controversa questione della presenza di un ancora sconosciuto Ancelotti). Fortunatamente, però, questo non impedì a fine gara un abbraccio sorridente fra i due, pur col rammarico di Pier Paolo nel vedere la coppa in mano al “rivale”.
Nessuno poteva immaginare che di lì a otto mesi quei sorrisi si sarebbero lacerati nel dolore per la morte improvvisa e violenta di Pasolini. Al quale sopravvissero, proprio attraverso Salò, lo scandalo e le polemiche che lo avevano accompagnato in vita. Né fu tranquilla l’accoglienza al Novecento di Bertolucci, magari elogiato per l’affresco contadino della prima parte (tre anni prima del bell’ Albero degli zoccoli di Ermanno Olmi) ma poi criticatissimo per “l’abbondanza” di bandiere rosse e di “politicizzazione” del fina del film, collegato ai giorni della Liberazione.
Il 16 marzo sarà esattamente mezzo secolo da quell’evento. anche se allora a Parma passò quasi inosservato, tranne qualche mattiniero frequentatore della Cittadella e un singolo articolo sulla Gazzetta, per un avvenimento che con i criteri di oggi dovrebbe occupare almeno almeno tre o quattro pagine. E quindi questo 2025 segnerà il mezzo secolo da Salò, da Novecento e dall’uccisione – mai completamente chiarita – di Pasolini.
Nella Parma che vorrei, ci si starebbe già mobilitando con incontri (nelle librerie e non solo) e magari con l’idea di un convegno anche a livello nazionale, con proiezioni e dibattiti: non fu Parma ad organizzare negli anni Cinquanta una riflessione di alta qualità sul Neorealismo? Ecco gli esempi da seguire!
Marzo è vicino, il 2 novembre della morte di Pasolini concede più tempo. Le persone e le competenze giuste ci sono: qualcuno ha ancora voglia, come quel giorno in Cittadella, di scendere in campo…?
(La foto era in mostra a Bologna del 2015, alla quale dedicò un articolo la Repubblica Bologna. Questo il link all’articolo).
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