Sono troppo ignorante per avventurarmi nelle analisi su ciò che sta accadendo nella Geopolitica del mondo, che improvvisamente sembra
aver assunto una velocità frenetica e impazzita, che sfugge anche ai criteri che ci hanno guidati in 80 anni post-bellici e di guerra fredda tra i due blocchi Usa-Urss.
Ma proprio perché ignorante, vorrei sfuggire anche alla inevitabilità rassegnata con la quale sento dare per scontato il fatto che senza riarmo avremo presto i cavalli di Putin in piazza San Pietro, per dirla con la frase aggiornata del dopoguerra sui pericolo dell’invasione dei “cosacchi”. E vorrei chiedermi se è davvero indispensabile dilapidare quegli 800 miliardi.
Certo: la direzione antieuropea degli Usa di Trump complica tutto, e non ha torto chi ricorda quanto fosse per noi comodo potersi riparare sotto l’ombrello della Nato (non senza prezzi, se rileggiamo bene la storia italiana di questi 80 anni e il ruolo degli americani, dopo il loro fondamentale apporto alla Liberazione dell’Italia dalla dittatura fascista). E la vicenda ucraina ricorda a tutti che le armi a volte sono necessarie anche solo per difendersi, almeno nella fase seguita all’invasione russa del 24 febbraio 2022, comunque la si pensi su torti e ragioni del “prima”.
Però nel nostro continente abbiamo due potenze nucleari, quali la Francia e il Regno Unito. E anche se quest’ultimo Stato non fa più parte della UE, sono due Paesi con i quali siamo alleati: qualunque sia l’atteggiamento futuro degli Usa, pensiamo che resterebbero indifferenti davanti ad una ipotetica (e per certi versi fantascientifica) invasione dell’Italia o della Germania o della Finlandia? Insomma: il deterrente nucleare, anche in caso di disparità degli eserciti e del resto degli armamenti, dovrebbe essere sufficiente a sconsigliare invasioni in Europa. Semmai, sarebbe giusto stabilire in che modo accordarsi con Francia e Inghilterra, delle quali diventeremmo debitori così come fino ad oggi lo siamo stati degli Usa.
Quindi, la frettolosa definizione di “comunità hippie” dell’Europa non è completamente fondata. Non solo: proprio questo riferimento agli anni dei “figli dei fiori” dovrebbero farci pensare all’importanza che ebbe in anni passati e di fronte ad altri conflitti e momenti di tensione (si pensi al Vietnam) proprio la cultura pacifista, che fu uno dei primi fenomeni davvero globale nel nostro tempo.
E allora, perché non “riarmare” semmai la cultura della Pace. Perché l’Europa non può avviare un dialogo pacifico con un Paese di grande cultura come la Russia, pur ovviamente senza dimenticare la natura dittatoriale del regime di Putin? La frase dell’indimenticabile presidente Pertini (“Si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai”) non ha perso nulla del suo fascino, né mi appare retorica o astratta.
Certo: sono scelte che sembrano passare ben sopra le nostre teste. Ma se iniziassimo a premere sui governanti di tutta Europa, e a rilanciare la battaglia per la Pace e per l’obiezione di coscienza mondiale, forse anche i leader capirebbero che il vero riarmo va fatto dentro di noi, senza rubare soldi alle tante e più importanti emergenze del nostro sistema. Nel nome di quelle due bandiere che nella foto sono splendidamente insieme nel vento e nella ricerca di pace.
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