Mi aveva colpito il suo approccio concreto e documentato, posto con lieve freschezza al pubblico, quando due anni fa avevo presentato un suo libro-viaggio nel mondo della scuola. Ma ieri sera Benedetta Tobagi mi ha letteralmente incantato, con la sua lezione a Palazzo del Governatore sulla strage di Piazza Fontana.
Dico “lezione” non certo perchè calata dall’alto o formale: anzi, Benedetta ha confermato una grandissima capacità di empatia con chi l’ascolta. Lezione perchè il suo racconto ha messo insieme il rigore accademico dei dati e delle fonti insieme ad una semplicità divulgativa giornalistica, anche se oggi davvero la definizione sarebbe per lei riduttiva.
Nella cornice ben disegnata da William Gambetta del Centro studi Movimenti (Italia democrazia ancora gracile, legata al blocco Usa/Occidente nel clima ancora da guerra fredda e geograficamente non lontana dalle tre dittature fasciste di Spagna, Portogallo e Grecia), la Tobagi ha sciorinato date, nomi e passaggi processuali di una storia che spesso citiamo come la prima “non verità” degli anni delle stragi.
Ma contrariamente a quanto ancor oggi si legge anche con firme importanti, la verità su Piazza Fontana c’è. E’ una verità storica ma anche giudiziaria, per quanto non abia più potuto influire sulla sorte di persone che in precedenza erano state assolte con sentenza definitiva: e cioè che la strage fece capo al gruppo neofascista veneto di Ordine Nuovo, e alle figure di Franco Freda e Giovanni Ventura.
Prima e dopo, per questa come per altre bombe (Benedetta ha scritto un libro intensissimo e imperdibile anche sulla strage di Brescia), furono all’opera – con coperture e depistaggi – pezzi di politica, magistratura, forze dell’ordine, servizi segreti… La “strategia” della tensione? Sì, ma anche – più realisticamente – una sorta di session jazz, nella quale anche a livello individuale molti improvvisarono su uno “spartito” che era appunto quello dell’ordine da difendere in una società che le pulsioni studentesche del ’68 e quelle operaie del ’69 rischiavano di “sovvertire”.
E come sempre in Italia, nulla fu tutto bianco o tutto nero. Le bombe ebbero certamente effetti (nel ’72 le prime elezioni anticipate portarono dal centrosinistra ad un’alleanza centrista e vagamente spostata a destra con i liberali), così come non si arrestò l’onda di alcuni diritti conquistati e poi sanciti nel 1970 dallo Statuto dei Lavoratori. E se la verità è affiorata, seppure a sua volta a brandelli, è perchè ci sono stati magistrati, poliziotti e carabinieri che il loro dovere l’hanno fatto, spesso rimettendoci in carriera e non solo.
Benedetta ci ha tenuti avvinti e ammutoliti per due ore, nella sala affollata nel cuore di Parma, e con la stessa forma dettagliata ha poi risposto ad alcune domande. Una vivissima e appassionata lezione da storica e da cronista e una testimonianza forte di impegno civile.
Ho pensato che Walter Tobagi, il padre giornalista del Corriere che fu ucciso da terroristi di sinistra (lo spiego soprattutto ai giovani che ignorano questi capitoli della nostra storia), ne sarebbe sicuramente orgoglioso. E ho pensato che un racconto così lo vorrei trasformato in servizio pubblico, perchè forse solo nella splendida “Notte della Repubblica” di Sergio Zavoli ho trovato tanta metodica passione.
Ma non accadrà: la tv di Stato, e purtroppo i media in generale, oggi hanno poca propensione al racconto ragionato e approfondito. Meglio dare spazio agli epocali dibattiti sulla Nutella… Grazie, Benedetta. E davvero, su questo e su tanti altri capitoli della nostra storia, Benedetta sia la memoria.
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