L’oro delle medaglie ha lasciato posto all’incubo Afghanistan e ai bagliori degli incendi che stanno distruggendo il verde del nostro Meridione, la gioia del podio allo squallore dei licenziamenti via mail, le storie dei sacrifici raccontati con passione da atleti e atlete alle tristi beghe fra i partiti, la scoperta degli sport “minori” (ovvero meno conosciuti) ha lasciato posto alla invariata ingordigia del mondo del calcio. Ce n’è più che a sufficienza per rimpiangere già,
dopo appena una settimana, le emozioni e l’atmosfera delle Olimpiadi.
Sarà perchè sono state in forse fino all’ultimo, sarà perchè sono state il primo grande evento mondiale dell’era Covid (pur con la vistosa assenza del pubblico), ma ancora pulsa dentro di noi la magìa che le Olimpiadi di Tokio ha saputo regalare a tutto il mondo. Già, perchè al di là delle soddisfazioni tricolori in ogni competizione e in ogni successo o sconfitta c’era qualcosa di cui arricchirsi, a qualunque latitudine.
Abbiamo riscoperto il valore della competizione leale (a parte qualche episodio finora isolato), della sfida con sè stessi prima che con gli avversari. Abbiamo forse capito meglio che neppure il talento è una scorciatoia, se non è accompagnato da lavoro, sacrificio e tenuta mentale: non sempre facile neppure quando (o proprio quando) si è arrivati in vetta, come abbiamo visto nel caso della fortissima e stavolta fragile ginnasta Simone Bailes. Abbiamo visto quanto conta il senso della squadra (e questo lo avevamo già imparato agli Europei di calcio) perfino quando l’approccio è apparentemente individuale e magari di rivalità, come ha simbolicamente dimostrato la splendida staffetta 4 x 100 che ha fuso insieme quattro “solisti” compresi i due avversari Jacobs-Tortu. Per non parlare del significato extra sportivo di certe imprese: come la 14enne cinese campionessa di tuffi per pagare le cure alla mamma, o del valore iconico del gesso di Tamberi accarezzato al momento dell’oro: quasi a spiegare a tutti noi che per arrivare in alto a volte è prima inevitabile cadere e imparare a rialzarsi, oppure saper convertire un verdetto ingiusto in carica positiva come ha fato la nostra splendida ginnasta Vanessa Ferrari in un’età che per tanti è quella del ritiro.
Emozioni e lezioni che solo lo Sport (forse insieme alla Musica) sa dare universalmente. Uno spirito che dovrebbe ora guidarci nelle nostre Olimpiadi di tutti i giorni, ancora in salita per colpa del virus maledetto. Ma è bastata appunto una settimana per vedere precipitare l’asticella: da quella del trionfo condiviso di Tamberi e Barshim a quella, ben più bassa, del nostro confrontarci quotidiano, che si tratti dei leader politici nazionali o delle nostre litigate individuali sui social.
Ma intanto, come dicevamo, questo comporta che l’Italia bruci, che tanti stiano perdendo il lavoro che si credeva appena riconquistato, che diseguaglianze e privilegi siano tornati ad espandersi, che il mondo unito dallo sport torni a combattere una guerra infinita… Ecco perchè, prima che evapori anche dai nostri ricordi, dobbiamo recuperare quello spirito olimpico: si può vincere da soli, certo, ma sempre lavorando con altri. Meglio ancora se in staffetta…
(L’immagine è una schermata di ricerca da Google)
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