Spieghiamoci meglio: non è una perla in quanto bel film. Anzi, a voler infierire è pieno di difetti: ad esempio è

lento, a volte datato e a tratti anche noioso. Più le mille contraddizioni che è possibile riscontrare sui contenuti. Eppure…

Eppure La Rabbia, a 60 anni di distanza, è uno straordinario e probabilmente irripetibile esperimento intellettuale nella storia cultrale del nostro Paese. Da una parte Pier Paolo Pasolini, con una visione marxista; dall’altra Giovannino Guareschi, alfiere dell’anticomunismo ma capace di accettare due anni di lager piuttosto che arruolarsi nell’esercito di Salò.

Un produttore, Gastone Ferranti, ebbe nel 1962/63 l’idea di mettere a disposizione di entrambi (all’inizio lo fece col solo Pasolini ma poi decise di allargare l’esperimento) tutto il suo magazzino di cinegiornali dell’epoca. E da lì i due scrittori-registi (in realtà per Guareschi fu la prima e l’ultima volta, anche se aveva collaborato non senza contrasti alle sceneggiature dei film di don Camillo) dovevano dare risposta alle domande di quei primi anni ’60: il miracolo economico, l’industrializzazione della società, la decolonializzazione dell’Africa, e infine il tema – purtroppo ancora attualissimo – della guerra.

Ne uscirono due mezzi film che in entrambi i casi non diedero il meglio dei due autori: Pasolini cadde in un retorico eccesso di fiducia nel marxismo dell’Unione sovietica, mentre Guareschi si espose addirittura ad accuse di razzismo per una sequenza non felicissima sulla situazione dell’Africa. Andò a finire che Pasolini non si riconobbe nell’opera perchè giudicò troppo reazionaria la parte di Guareschi, il film fu un flop e fu ritirato – fin troppo frettolosamente – dalle poche sale in cui era arrivato.

Eppure, paradossalmente, la forza del film è oggi nei suoi difetti. A parte che Pasolini e Guareschi regalano anche intuizioni lungimiranti, e tecnicamente offrono un uso molto innovativo delle oimmagini di quei cinegiornali, la cosa più interessante è proprio la complementarietà delle tesi che si elidono a vicenda, ma a volte si arricchiscono l’un l’altra. Un’operazione intellettuale che anche oggi spesso cede il posto alle urlate e sterili contrapposizioni da talk show televisivi o da social.

Ecco perchè, partendo da questo 2022 che è centenario pasoliniano per arrivare al 2023 che segnerà i 60 anni dalla uscita (ingloriosa) della Rabbia, la speranza è che proprio Parma trovi la voglia ed il modo di recuperare questa strana ma intrigante eredità culturale, facendone un evento nazionale con proiezione e dibattito non “trinariciuto”. Già abbiamo iniziato a parlarne, all’Università, in Comune, con appassionati addetti ai lavori quali Primo Giroldini (che curerà una serie di manifestazioni pasoliniane in autunno), il libraio Domenico Maisto, Massimo Soncini ed altri. Io, nel mio piccolo, ci sto studiando e presto l’immagine che vedete potrebbe diventare qualcosa di più, che spero contribuisca a un dibattito interessante per allora e per oggi. Ne riparleremo, spero presto.

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