Chi è senza peccato scagli il primo display. E non potrei certo farlo io, che con i cellulari lavoro da anni, ma sentendo spesso di abusarne a mia volta, ben oltre le esigenze legate al giornalismo praticato o insegnato. Però, temo che

il problema riguardi un po’ tutti, e stia producendo un discreto rincoglionimento per i nostri ragazzi e per noi stessi.

Niente di nuovo sotto il sole, dirà qualcuno ricordando analoghi allarmi riservati nei decenni scorsi a tv, radio e ovviamente all’avvento dei più coinvolgenti telefonini. Ed è già passato mezzo secolo da quando Pier Paolo Pasolini, nel periodo in cui si parlava di violenza anche in relazione al delitto del Circeo, proponeva l’abolizione della tv (oltre che della scuola media).

E chissà che cosa avrebbe mai scritto l’intellettuale bolognese se avesse avuto il tempo di assistere alla nascita e all’affermazione delle tv commerciali e berlusconiane. Che, senza nulla togliere ai demeriti della tv pubblica e a tante altre fonti di regressione, la loro parte nel contagiare giovani e adulti fra disimpegno, individualismo e aggressività l’hanno certamente svolta. Qui, in uno dei programmi della certamente brava ma fin troppo beatificata Maria De Filippi, ne vediamo qualche esempio nel quale le immagini parlano da sole:

Certo. Altri esempi vengono anche dall’alto: i leader e le leader della politica stanno superando il livello di guardia dei modelli negativi. E i talk show sono troppo spesso ispirati alla filosofia dell’urlo, dell’interruzione, a volte dell’insulto. Urlano spesso anche i titoli dei giornali, anche qui con colpe da suddividere fra destra e sinistra, con qualche giornale che fa uso quasi quotidiano del dileggio.

Aggiungete alcuni leader mondiali, e il clima guerrafondaio che regna sul mondo, e capirete che soprattutto i nostri giovani non potrebbero non essere condizionati da questo bombardamento, colpevole e quasi tutto “nostro” (nel senso di noi adulti). Ma l’immagine sotto il titolo dell’articolo, vista mille volte quando si gira in autobus, dice di come lo smartphone sia ormai un’appendice dei ragazzi (e non solo): e non sempre si tratta di utilizzi che arricchiscono.

Come uscirne? Non è semplice: se si parla di restrizioni (vietarne l’uso a scuola e regolarlo in famiglia) si rischia di voler fermare un treno in corsa, anche se qualche studio scientifico inizia a paventare effetti non positivi sulle auree neurali, ovvero sul cervello. Semmai, la vera battaglia sarebbe quella di educare (parola fuori moda) i giovani ad un uso positivo dello smartphone. Che è in effetti uno strumento straordinario, per quante cose possa contenere: potrebbe insegnare la Bellezza dell’Arte, della Musica ecc. E potrebbe perfino far riflettere: magari, anche rileggendo qualche poeta. Pasolini compreso.

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