Fra due mesi. Il 13 aprile 2023 saranno 60 anni dall’evento più singolare, più stimolante e dall’esito più infelice della storia culturale italiana. Non esagero: provate a pensare se e quando vi è capitato
di vedere a confronto sui temi principali dell’attualità e della società due intellettuali di idee contrapposte e di diffusa popolarità come Pier Paolo Pasolini e Giovannino Guareschi.
Accadde appunto nel 1963, ma per mille motivi quell’intuizione (che oggi non sapremmo come e con chi riprodurre) non ebbe successo, e quel film-documento fu ritirato dalle sale dopo pochi giorni. La prima cosa che mi viene da dire è che nessuno, nè allora nè in seguito, ha mai approfondito i motivi per cui la Warner, società distributrice americana, decise di togliere il film dalla circolazione. E forse già questo potrebbe far capire meglio il valore di un film nel quale sia Pasolini che Guareschi (per motivi diversi e spesso opposti) di certo non fecero nulla per soddisfare le esigenze di quel colosso dell’industria cinematografica.
Poi c’è l’attualità di quella domanda iniziale, sulla quale il film era costruito, che oggi è da brivido, per come ci mostra che in 60 anni l’Umanità non ha saputo progredire sulle questioni fondamentali, anzi… Quella domanda, infatti, era: “Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall’angoscia, dalla paura della guerra, dalla guerra?”. Sessant’anni dopo, come non vederci la guerra in Ucraina e gli altri conflitti che continuano a insanguinare e spaventare il mondo? Come non specchiarci la nostra insoddisfazione e le nostre insicurezze di abitanti del mondo nel terzo millennio…?
Ma c’è anche di più. Ci sono, attraverso le rispettive intuizioni e i rispettivi abbagli, anticipazioni sorprendenti sulla questione africana, sugli appetiti della Cina, sulla trasformazione consumistica dell’Italia e sulla irrecuperabile perdita della civiltà contadina (quest’ultimo è un aspetto che accomuna, pur sempre nelle diversità, Pasolini e Guareschi).
Non so chi e dove vorrà parlarne, a Parma e non solo, Ma sono certo che ne varrebbe la pena, perchè La Rabbia è un film che sente il peso degli anni ma paradossalmente è più interessante oggi di allora. Perchè oggi, grazie alla appassionata onestà dei due autori (onesti perfino negli sbagli), possiamo riflettere su ciò che ancora non riusciamo a capire, compresa l’eterna incompiutezza delle due ideologie (di sinistra e di destra) alle quali di volta in volta – elezione per elezione – ci illudiamo di poter appaltare la ricetta dei nostri problemi, per poi capire dopo qualche anno che non ha funzionato, e quindi per rimetterci con la stessa speranza alla ricetta opposta.
Pasolini e Guareschi, diversissimi anche per stile, hanno ancora tantissimo da dirci. E 60 anni dopo sono forse indigesti a chi non la pensa come l’uno o l’altro, ma hanno la straordinaria capacità di saper conquistare, ognuno dalla sua parte ideologica ma anche con una certa dose di indipendente eresia, le menti e anche i cuori.
PASOLINI-GUARESCHI: CHE RABBIA…
PER SAPERNE DI PIU’
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