E’ uno dei problemi più importanti (e sbaglia chi lo nega) per Parma come per molte altre città italiane, governate dalla sinistra come dalla destra. E proprio per questo

è tempo che se ne discuta seriamente e concretamente, senza amnesie e senza strumentalizzazioni o comizi fuori luogo.

In questo piccolo blog, proveremo ad approfondire seriamente il tema della sicurezza a Parma nei prossimi mesi: parlo di mesi, poiché nell’epoca delle informazioni in tempo reale c’è bisogno anche di un giornalismo che gli americani definiscono slow (lento), che sulle notizie rifletta e faccia riflettere, basandosi anche su qualche dato oggettivo senza affossarsi nella frettolosa superficialità delle news ai tempi di web e social.

Per arrivare alle risposte serie, però, occorre prima individuare le domande vere che ci dobbiamo porre: quelle domande che non tengono conto dei piccoli interessi di bottega e di partito, ma che cercano di andare al sodo e ai veri problemi. Eccone 10:

  1. Quali sono i numeri dei reati commessi a Parma e come sono variati negli anni questi numeri? Non ci può essere un dibattito serio se lo si basa solo sulle impressioni o sulla memoria, spesso fallace e non sempre sorretta dalla buona fede… Quindi bisogna che qualcuno (autorità o mass media) consenta l’apertura di un dibattito serio mettendo a confronto cifre e caratteristiche dei reati di oggi e degli ultimi anni/decenni.
  2. Che cosa è cambiato nella tipologia dei reati, e quali sono gli effetti sulle paure della popolazione? Ovviamente i numeri non dicono tutto: ci sono reati che avvengono lontano da noi, ed altri che avvengono per strada e possono quindi colpire chiunque. Sono questi ultimi i fatti che più allarmano la popolazione, ma sarebbe sbagliatissimo pensare che gli altri reati (quelli dei cosiddetti colletti bianchi) non siano collegati ai reati da strada. Il discorso vale, ad esempio, per la droga: fanno notizia o fanno apprensione le presenze degli spaccini nelle strade o le risse fra spacciatori, ma sarebbe miope dimenticare che dietro di loro ci sono persone che tengono le fila dei traffici e ingrassano su queste attività illecite.
  3. Nell’ambito del tema sicurezza in generale, quale posto occupa il disagio giovanile e in particolare il fenomeno di quelle che vengono definite baby gang? Una volta ribadito che occorre avere e confrontare i numeri precisi, per non parlare a vanvera, fin d’ora si può dire che la sensazione che si ha leggendo le news parmigiane e l’impressione che si ricava girando per le strade è che uno degli aspetti più evidenti e più allarmanti sul tema sicurezza è proprio l’escalation dei comportamenti irregolari (e sempre più strafottenti, anche verso le stesse forze dell’ordine) da parte dei giovani, fino a sconfinare in veri e propri reati, anche gravi.
  4. Ancora sulle baby gang: in che misura questo tema è specifico di Parma e quanto invece ricalca una situazione nazionale? In ogni città c’è una parte politica (quella all’opposizione) che strumentalizza il tema sicurezza contro chi governa le rispettive città. Ma il fatto che le notizie sulle baby gang attraversino quasi tutta la penisola indipendentemente dai colori delle varie giunte significa che è ormai tempo di abbandonare questo stucchevole e sterile modo di affrontare il problema.
  5. Aspetto preventivo/repressivo: quante e quali forze dell’ordine/pattuglie siamo in grado di schierare quotidianamente e nelle ore notturne in città? Qualche giorno fa mi raccontavano che in certi orari nella zona Ghiaia/Regio/centro si riuniscono decine e a volte centinaia di giovani, non sempre calmissimi. La domanda, molto semplice e concreta, è: a Parma siamo dotati di un numero sufficiente di forze dell’ordine per controllare e se serve contrastare “squadre” giovanili così numerose? Oppure si deve chiedere al governo di adeguare gli organici?
  6. In che modo e con quali compiti le forze della Polizia Locale possono e devono affiancare il lavoro di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza? Se non è certo il Municipio da solo che può e deve risolvere il problema sicurezza, neppure si può pensare che il tema con lo coinvolga: allora, dopo l’arrivo di nuovi elementi nei giorni scorsi, che ruolo può e deve giocare la Polizia Locale. Come vengono e verranno impiegati i “vigili” sul fronte della sicurezza per coadiuvare le forze dell’ordine, ovviamente senza ricadere in situazioni come quella del caso Bonsu tristemente noto in tutta Italia?
  7. Quali leggi sono da adeguare, tenendo anche conto della situazione delle carceri? E perché su questo tema destra e sinistra non possono o non vogliono lavorare insieme, da Roma a Bologna a Parma, per il bene della collettività? Da tempo si dice (e giustamente) che in Italia non c’è certezza della pena, e che troppo spesso le persone arrestate o denunciate sono subito in grado di ripetere comportamenti delittuosi, quasi beffandosi di chi li ha arrestati. Verissimo, però non si può pensare di mettere migliaia di ragazzi (o adulti) in carcere: tanto meno con la situazione attuale dei nostri penitenziari, che anziché riabilitare sono semmai scuole di crimine. Anche il tema espulsioni e rimpatri va rivisto al netto di ogni proclama: giusto azzerare la cittadinanza di chi non la meritasse, soprattutto se nel frattempo la si definisse in modo più sensato (vedi proposta sullo ius scholae). Sono temi talmente sentiti da tutti che dovrebbe essere naturale, per destra e sinistra, lavorare insieme sia a Roma che a Parma per una “filiera” che vada dagli interventi di urgenza e quindi repressivi alle misure alternative al carcere, purché efficaci.
  8. Al di là degli interventi delle forze dell’ordine, quali iniziative sono necessarie e auspicabili sul piano sociale? Proprio per il motivo appena elencato, non bastano arresti e detenzione: se nei ragazzi di oggi si sono creati valori e comportamenti distorti, è necessario ricreare (ammesso che noi adulti ne siamo capaci!) un approccio diverso a una stagione della vita che dovrebbe essere la più bella. Quindi occorre adeguare, o creare, strutture e misure alternative al carcere e – anche se la parola sembra un po’ richiamare Arancia meccanica – rieducative, nel senso vero del termine.
  9. In che misura e con quali caratteristiche i problemi di cui abbiamo parlato fin qui sono condizionati o aggravati dalla rapida trasformazione multietnica delle nostre città? E quali tipi di iniziative possono essere dedicati a questo specifico aspetto del problema? Sarebbe stupido negare un’incidenza sul problema sicurezza della sempre più evidente trasformazione multiculturale delle città, Parma compresa, anche perché molti immigrati non trovano immediatamente lavoro (e qualcuno pensa e scrive che “rubano” il lavoro a chi qui già abita). Ma sarebbe altrettanto stupido, e falso, sovrapporre il trema sicurezza con quello della “sostituzione etnica” di cui alcuni parlano per qualche voto in più. Il problema non è né il luogo di origine né il colore della pelle: proprio quest’estate abbiamo vissuto una delle più brutte storie di cronaca, e aveva un dna completamente parmense. Ma ovviamente nessuno ricaverebbe da questa storia dei giudizi generali sui parmigiani o sui traversetolesi. Nel Parmense ci sono decine di migliaia di extracomunitari che lavorano onestamente e contribuiscono a settori anche importanti della nostra economia (vedi Parmigiano Reggiano). Poi ci sono anche le mele marce, come ci sono mele marce pramzàne: sono quelle su cui, in entrambi i casi, occorre intervenire. Senza sconti per nessuno e senza stupidi ragionamenti razzisti. E magari, anche qui, con dei numeri da cui far partire le riflessioni.
  10. Infine, che cosa ci può insegnare ciò che in passato è avvenuto nella storia recente di Parma (penso ad esempio al dibattito che coinvolse tutta la città dopo il delitto del Federale)? E quale ruolo spetta a noi cittadini, che sui social rivendichiamo e esibiamo la nostra “parmigianità” spesso in modo solo esteriore? Quali esempi diamo a chi arriva sul rispetto delle regole, anche su aspetti apparentemente secondari ma comunque visibili e quindi contagiosi nel bene e nel male? Il dibattitto politico, e ancor più quello sui social, vive sulla rapidità e sulla superficialità dei confronti da bar sport, dimenticando due punti fondamentali. Il primo, che ci riporta al punto numero 1, è che la discussione deve partire dai dati, per essere scientifica e concreta. Altrimenti si va a spanne, spesso con lunghe sequenze di sciocchezze o con interventi in malafede che evocano improbabili isole felici del passato. Inoltre, un tema che viene ignorato o che dà fastidio quando lo si solleva, è quello degli esempi: ci lamentiamo del rischio di perdere la “parmigianità” e ci scagliamo contro chi arriva e non rispetta le nostre regole, quasi come nelle invasioni barbariche che segnarono la fine dell’impero romano. Ma non ci poniamo mai, autocriticamente, il problema dei brutti esempi che spesso diamo noi stessi.

Ne riparleremo: di tutto. Ma da vecchio giornalista in pensione, aggiungo che questo primo spunto è anche a disposizione di tutte le redazioni giornalistiche parmigiane. Io, compatibilmente con tempo e risorse a disposizione (ovviamente non ho più accesso a fonti dirette), cercherò di sviluppare alcuni dei 10 punti elencati. E i lettori potranno a loro volta contribuire con commenti e proposte.

Ma così come lo dicevo ai politici lo dico anche ai giornalisti: qui non servono esclusive, bensì contributi di tutti a una riflessione che la città non può più rinviare, se non vogliamo che (come per via Isola e per il Federale) a svegliarci davvero sul disagio giovanile e sulla più generale situazione della sicurezza a Parma non sia qualche fatto tragico. La vicenda, pur diversissima e “racchiusa” di Vignale, ci ha drammaticamente ricordato quanto poco conosciamo e capiamo dei ragazzi che ci circondano. O che abbiamo in casa…

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