Non sono ancora riuscito a risolverlo, questo “caso Guareschi” di cui mi occupo da 8 anni e 3 libri. Un caso davvero complesso, perché

sarebbe improprio appaiare il suo modo di scrivere a quello dei più celebrati scrittori italiani (ora, ad esempio, sto leggendo un Gadda, e certamente è uno stile più evoluto). Ma più ci si immerge nello scrittore di Fontanelle e più è evidente che non è neppure accettabile – né sensata – la quasi completa emarginazione di chi, a oltre un secolo dalla nascita e a quasi 60 anni dalla morte, è ancora lì ben vivo nel cuore di tanti lettori.

E a quanti capita fra gli scrittori italiani, compresi tanti che – diversamente da Giovannino – sono compresi nel famoso Canone della Letteratura?

“Il segreto del successo” è un iper-tascabile raccontino pubblicato nel 2019 dalle Edizioni Henry Beyle, anche se in realtà è una sorta di risposta a una lettrice pubblicata sul settimanale Gioia nel 1946. E’ il fulminante racconto di un uomo (“un tal Ribelletti”) che chiede di essere ricevuto da un avvocato, che però si fa continuamente negare. L’uomo non demorde e praticamente si installa permanentemente nell’anticamera dello studio, addirittura con una brandina per trascorrere la notte, costringendo l’avvocato ad entrare ed uscire da una porticina secondaria.

L’avvocato continua a sfuggire al suo tormentatore, finché un giorno sente provenire dall’anticamera il ticchettio di una macchina da scrivere. Di lì a poco, scoprirà che l’uomo, nella vana attesa del colloquio, si organizza fino al punto di rubare i clienti all’avvocato, al quale alla fine non rimarrà quindi che associarsi proprio al Ribelletti.

E quindi, conclude Guareschi, “il segreto del successo è la costanza: mai darsi per vinti”.

C’è qualcosa di pirandelliano. Ma c’è anche, e soprattutto, il Guareschi capace di distillare dal suo umorismo anche un pedagogico finale. Che è un’altra cosa di cui, ottanta anni dopo, forse avremmo bisogno…

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